La Necropoli di Monte Tabor
La necropoli di Monte Tabor è situata nella zona sud- orientale di Vico del Gargano, in quella che un tempo era la periferia, ma che oggi è pieno centro abitato.
L’area, costituita da tre collinette, è in parte occupata da edifici e da strutture annesse e, di tutta l’antica necropoli, che si estendeva fino all’attuale Piazza San Francesco per una superficie di circa ha. 1,77.71, oggi resta solo una parte esigua.
L’area è stata sottoposta a vincolo archeologico con decreto ministeriale del 28/12/1994.
Della necropoli di Monte Tabor si parla già nel 1876 nel libro di A. Angelucci Ricerche preistoriche e storiche dell’Italia meridionale (pp. 8-seg.) e, sulla base di queste notizie, molti studiosi si sono cimentati sull’argomento cercando di mettere in risalto l’importanza di quest’area.
Nel periodo tra il 1956 e il 1964 l’Istituto di Antropologia dell’ Università di Padova condusse una serie numerosa di spedizioni sul Gargano e, tra le altre, fu esplorata anche la necropoli di Monte Tabor.
Le tombe furono localizzate da Cleto Corrain negli anni Sessanta e, nel corso di successive indagini, ne contò oltre cento addensate sul fianco del colle rivolto a levante.
Le tombe a sacco dell’età del Ferro, intagliate nelle viscere calcaree della collina erbosa secondo un rituale ancora non del tutto conosciuto, furono per diversi secoli utilizzate da comunità pervase dalla medesima ideologia della morte.
Quali pratiche e quali cori funebri accompagnassero l’inumazione degli scheletri riposti tra corredi ceramici, monili di bronzo e ambre, non è ancora dato sapere.
Attualmente il numero delle tombe individuabili è notevolmente inferiore rispetto a quelle localizzate dal prof. Corrain, forse per la distruzione di parte di esse avvenuta nel corso degli ultimi anni.
Di tutte le sepolture rintracciate, però, solo una decina furono scavate effettivamente e avevano dimensioni medie di cm 112,5x77,5; tra queste, nove presentavano resti ossei umani ed animali.
Le tombe erano divise in ordine di sesso: uomini, donne, bambini.
Tra i reperti provenienti da Monte Tabor kantharoi a decorazione geometrica, skyphoi a vernice nera, ceramica di impasto, fibule e ornamenti vari in bronzo.
La sepoltura che ha fornito più informazioni è sicuramente la n. 1 della quale si sono potute rilevare anche le misure esatte: 72,5 x 113 cm. L’analisi dei resti scheletrici ritrovati all’interno ha permesso di identificare sei individui di cui tre di sesso maschile, due di sesso femminile e un giovane.
Questa tomba ha fornito la maggior parte della suppellettile ceramica utile per la datazione della necropoli.
Le suppellettili ritrovate appartengono a due classi ceramiche: una grossolana, molto spessa, ricca di materia sgrassante non levigata in superficie, utilizzata per grandi contenitori di uso comune (ceramica di impasto); l’altra più fine, di argilla lisciata giallina, acroma o colorata nella superficie in modo uniforme, o a zone più o meno strette e forse anche a disegni geometrici (ceramica decorata).
Oltre alle ceramiche furono trovate anche fibule in bronzo, ad arco di violino e “ad occhiali” ( tra i reperti anche una fibula del tipo Certosa) che, assieme ai vaghi di collana in pasta vitrea e ad un’ambra lavorata a pendaglio, rappresentavano il modello del corredo funerario delle tombe a sacco del Gargano.
Le circa cento sepolture rintracciate dal prof. Corrain negli anni sessanta, avevano la caratteristica forma a “bisaccia”, detta anche “a pozzo” o “a sacco” (sezione tronco-piramidale a base rettangolare o ellittica), attorno a cui era inciso un canaletto per il deflusso dell’ acqua piovana; erano scavate a fior di terra, nella viva roccia, inadatte ad accogliere un’inumazione distesa, ed erano chiuse da lastroni calcarei.
La morfologia del sepolcreto di Monte Tabor, con 6-7 inumati per tomba, e i materiali di corredo indicanti un arco cronologico tra il VI e il IV secolo a.C., richiamano i riti di seppellimento diffusi nel Promontorio settentrionale, in particolare a Monte Saraceno (Mattinata) e Monte Civita (Ischitella).